Luglio-agosto 2022

Ho letto Stalingrado e Vita e destino di Vassili Grossman. L’epopea della vittoria del popolo e dello spirito russo contro l’invasore nazista sul modello dell’epopea della sua vittoria contro l’invasore francese narrata da Tolstoi in Guerra e pace. Per Grossman lo spirito di quel popolo è altra cosa dal bolscevismo contro il quale rivolge una critica spietata che ben spiega l’ostracismo che egli e i suoi romanzi incontrarono in Russia. Quell’epopea è però solo l’involucro entro il quale si muove una folla di personaggi con le loro fedi, speranze, delusioni e diversi destini. Il fatto che siano personaggi di ambedue gli schieramenti, russi e tedeschi, delinea l’immagine di una comune umanità e del suo dramma; immagine che si eleva ben al di là e ben al di sopra dello scontro tra due potenze fino a produrre un capovolgimento: ciò che sembra universale e preminente, quello scontro, è contingente fino ad apparire irrilevante; ciò che sembra contingente e irrilevante, le vicende di quei personaggi, è universale e preminente. Due grandi romanzi.

Leggo Il processo Deltchev di Eric Ambel, un giallo politico. Povera cosa rispetto ai romanzi di Grossman, ma anche qui il dito è puntato contro il regime bolscevico.

Leggo La diagonale di Alechin, di Arthur Larrue. Di Alechin sapevo solo che era stato campione del mondo di scacchi e ideatore di una nuova apertura di gioco divenuta famosa. Il bel romanzo di Larrue squarcia questa patina e lascia apparire il dramma e la follia che attinsero, come molti altri campioni di scacchi, questo personaggio ebreo sullo sfondo del dramma di un’epoca che ha conosciuto il nazismo, il bolscevismo e l’antisemitismo.

Leggo La via verso la libertà di Schnitzler. La ricerca della libertà come indipendenza dagli affetti e dai doveri al fine di realizzare un ideale nobiliare di autoaffermazione tanto grandioso quanto vago e tale da potersi risolvere in poco: un posto di direttore d’orchestra nel regio teatro di una cittadina di provincia. La disumana povertà di questo ideale sottende come un’ombra un’intensa relazione d’amore, e la condizione della sua realizzazione è il sacrificio di quella relazione, il sacrificio di una donna. Sorprendente complementarietà con La signorina Else dove il sacrificio di una donna è la condizione della realizzazione di un’ideale di autoaffermazione piccolo-borghese. Questo è un primo aspetto del romanzo che é però anche un grande affresco dei problemi, delle ansie, delle nobili intenzioni e delle grettezze dei personaggi che compongono il tessuto della società nel momento della decadenza dell’Impero asburgico e del loro smarrimento. Questo secondo aspetto è senz’altro importante, ma mi chiedo se il focalizzarsi della critica su di esso non significhi una ricerca di libertà dal primo il quale porta il lettore a confrontarsi con se stesso. 

Leggo Leskov Il viaggiatore incantato. Non conoscevo questo autore russo e mi sorprende. Il racconto delle incredibili peripezie talora comiche di un povero diavolo scorre in un linguaggio piano che ricorda quello delle Memorie di un cacciatore di Turgeniev. La sua disarmante ed affascinante semplicità veicola però una cupa sapienza. Le peripezie del protagonista esitano nel suo ingresso in convento e nella realizzazione di una vocazione religiosa alla quale egli era fin dall’inizio destinato rifiutandosi di riconoscersela e sostenendosi, anziché con la fede in Dio, con un’incondizionata ammirazione per la bellezza dei cavalli. Il momento estremo di questo rifiuto si ha quando, nell’incontro con la stupenda figura di una giovane zingara, l’ammirazione per la bellezza di lei e l’amore per lei si sostituiscono all’ammirazione per la bellezza dei cavalli; e la condizione della realizzazione del suo destino con l’ingresso in convento è il suicidio di lei del quale egli è in qualche misura complice. Inattesa e sorprendente assonanza con il romanzo di Schnitzler: ambienti diversi, culture diverse: ma la condizione della realizzazione dell’ideale nobiliare di autoaffermazione del protagonista del romanzo di Schnitzler, al pari della condizione della realizzazione della vocazione religiosa del protagonista del romanzo di Leshov, è il sacrificio di una donna.

Continuo a leggere la Critica del giudizio di Kant. La prima parte tratta del sentimento della bellezza, la seconda della morale. Sembrano disgiunte, ma in realtà stanno insieme nel dire che il sentimento della bellezza è il fondamento della morale. Idea suggestiva, ma non mi è chiaro quale morale Kant intenda e temo possa essere una che soffoca il sentimento della bellezza.

Analisti tra le nuvole. Un’accreditata psicoanalista inglese supervisiona l’analisi del caso di una giovane donna propostole da un collega. L’analisi ha una frequenza trisettimanale e il collega riferisce una seduta di un mercoledì nella quale la paziente esordisce dicendo di avere fatto due sogni. Invitata a raccontare intanto il primo lo riporta così: “si trova in una stanza di un appartamento a due piani con il suo professore di liceo di latino e greco che stima e con il quale ha avuto un buon rapporto. Anche nel sogno si trovano bene insieme, quando improvvisamente da una seconda stanza situata al secondo piano dell’appartamento scendono dei mostri e lei si risveglia come da un incubo”. Analista e supervisore concordano nel ritenere che nel sogno siano rappresentate la “parte buona” e la “parte cattiva” della paziente e che l’analisi debba procedere nel senso di farle acquisire il controllo sulla sua “parte cattiva” Non li sfiora la curiosità di sapere cosa stia a rappresentare la seconda stanza e perché i mostri vengano di lì. Quando suggerisco che forse sarebbe importante appurarlo, mi viene risposto che non si può sapere. Lascio perdere, ma a me sembrava si potesse. Va da sé che il professore di latino e greco con il quale la paziente sentiva di avere un buon rapporto rappresenta l’analista e dunque le due stanze possono stare a rappresentare due momenti del rapporto con lui, specificamente due sedute: la prima stanza la seduta infrasettimanale del mercoledì nella quale viene raccontato il sogno, la seconda stanza – che sta “sopra”, cioè “più in là”, “dopo” – la seduta del venerdì che precede la separazione del week end. I mostri che vengono di lì possono dunque ben essere i vissuti della paziente di fronte all’abisso che è per lei quella separazione. Rispetto al compito dell’analisi che si presenta per questa lettura del sogno, porsi a parlare di “parti buone” e di “parti cattive” a me sembra un perdersi nelle nuvole.

Può darsi, come spesso accade, che un sogno tragga un suo lemma da una situazione della vita cosciente del sognatore, ma non sempre ciò significa che quel sogno dica qualcosa legato a quella situazione. Pur tratto da essa, può venire a dire qualcosa riguardante tutt’altro.

Su “Il Foglio” di sabato 13 agosto leggo di quanto avvenuto nella clinica Tavistock di Londra. Lì, obbedendo alla dittatura dell’ideologia Lgbt, adolescenti e persino bambini sono stati sottoposti a interventi farmacologici e chirurgici intesi a modificare il loro sesso sulla base dell’accoglimento acritico della loro presunta aspirazione a cambiarlo. La cosa è di per sé orripilante e sconvolgente. È resa però ancor più sconvolgente dall’essere la clinica Tavistock stata un tempio della psicoanalisi. Ciò lascia infatti pensare che l’accaduto non sia una deviazione accidentale e degenerativa della psicoanalisi stessa, ma un suo necessario sviluppo, l’estrema conseguenza del suo essersi attenuta alla concezione anatomica della bisessualità. Questa ha costituito per lei un ostacolo anzitutto in termini clinici. Nel suo tardo scritto Analisi terminabile e interminabile, Freud ha riconosciuto che il “desiderio” delle donne di possedere un pene e quello degli uomini di diventare donne, latente nella loro paura di stabilire una relazione passiva con l’analista, é la “roccia di base” contro cui ogni analisi é destinata a infrangersi. Trasformare anatomicamente una donna in un uomo e un uomo in una donna è parso come un modo semplice e l’unico disponibile di superare questo scoglio. 

No-vax, vegani, complottisti, negazionisti in genere: soddisfano così, non trovando altro modo di farlo, l’insopprimibile bisogno di credere.

L’odio contro gli Ebrei si spiega anche con il fatto che sono stati loro ad inventare il Dio onnipotente creatore senza volto e inconoscibile. I gentili imputano infatti loro di averli così privati della possibilità di creare e condannati a produrre una ricchezza per accusarli poi di sottrarre loro non quella possibilità, ma la ricchezza.

Viene da pensare che in fondo a tutto, Hitler odiasse gli Ebrei perché imputava al loro potere di non essere stato ammesso alla Scuola d’arte. Perché dunque imputava loro il proprio fallimento come artista, cioè di avergli impedito di essere creativo.

Cronaca. Un uomo uccide la moglie perché russava. Interrogato dal giudice se non vi fosse stato altro modo risponde: “Che altro potevo fare?”

Politica. Conte toglie la fiducia a Draghi con motivazioni che nascondono piccoli calcoli dietro nobili ragioni: anche Draghi ha inciampato in un imbecille?

Bertinotti e Calenda: narcisismo di sinistra e narcisismo di centro-destra.

Ho sempre votato per la sinistra: prima per il partito socialista di Nenni, poi per il PCI e per le sue successive varianti, ma questa volta ho grande resistenza a farlo nonostante sappia che il mio voto può contribuire a impedire una schiacciante affermazione delle destre. La loro affermazione non mi piace ed anzi mi spaventa, ma poi penso che possa esservi un positivo. Sarebbe il giungere a conclusione di un processo degenerativo e suicida iniziato quando il partito comunista ha abiurato il suo fondamento nella teoria di Marx e, anziché coltivare il problema sociale, si è dato a coltivare il problema morale. Il positivo sarebbe l’eliminazione dalla scena politica italiana della confusione e degli equivoci dovuti a questo processo degenerativo e suicida. E poi prevedibile che l’affermazione delle destre porterà con sé una tempesta perfetta conducendo il nostro paese a una profonda crisi dalla quale potrà esserci un nuovo inizio. La storia procede così fintanto che ci saranno la terra e il nostro mondo, cosa di per sé nulla affatto certa. 

Il nostro passato esiste solo nella nostra mente e fintanto che c’è la nostra mente.

Non riusciamo a credere di dover morire; lo sappiamo, ma saperlo non basta a rendercene convinti. È un sapere strano perché non è seguito da una negazione, ma la incorpora in sé.

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